mercoledì 11 marzo 2009

Kadyrov ferma la visita in Cecenia del Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura

Il primo ministro ceceno Kadyrov vieta la visita del Presidente del Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura nel presunto centro di detenzione illegale di Tsentoroi

Che in Cecenia l’esercito russo si fosse reso colpevole di azioni violente ed efferate, è un fatto noto ormai da tempo, ma nessuno sembrava aspettarsi che il Primo Ministro ceceno Kadyrov potesse addirittura negare a Mauro Palma, Presidente del Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura (CPT), il legittimo diritto a visitare il presunto centro di detenzione clandestino di Tsentoroi, noto come il “villaggio degli orrori”, ed indicato da numerosi testimoni come luogo di detenzione illegale e tortura. Regolarmente scortata dall’esercito russo, la delegazione è stata bloccata alle porte della capitale Grozny. La vicenda, avvenuta nel maggio scorso e in un contesto definito dallo stesso Palma “inedito e molto grave”, si è risolta solo dopo l’intervento del Presidente della Repubblica cecena Alu Alkhanov, che ha così permesso agli ispettori internazionali di verificare personalmente quel che accadeva e accade in quella “terra di mezzo” spesso troppo poco nota alle cronache. Kadyrov, oltre ad essere il Primo Ministro ceceno, occupa anche il ruolo di comandante delle truppe paramilitari note con il nome di kadiroviti (gruppi speciali indicati come responsabili di uccisioni, scomparizioni e intimidazioni ai danni sia della popolazione civile che sei separatisti ceceni). Noto per essere un “putiniano dal pugno di ferro”, il comandante non ha mai fatto mistero di prediligere i metodi spartani ai canali della democrazia, e questa sua caratteristica lo ha certamente favorito nella scelta del Presidente russo Putin di collocarlo al vertice della guerra al separatismo ceceno. L’assassinio della giornalista Anna Politkovskaja, da sempre in prima linea nella difesa dei diritti umani, per quanto in circostanze ancora non del tutto chiare, mostra ancora una volta il carattere autoritario del sistema Putin, che proprio in Cecenia si contraddistingue per violenza e intransigenza. L’impunità di cui le milizie russe godono nel commettere atti di ordinaria violenza, trova sponda nell’atteggiamento generale del governo russo. La conferma, qualora ce ne fosse ancora bisogno, è puntualmente arrivata, prima, con la scarcerazione “per buona condotta” del colonnello russo Iuri Budanov, condannato per il sequestro e lo strangolamento di una diciottenne cecena e per aver coperto numerosi atti di tortura dell’esercito russo ai danni della popolazione locale, e dopo, con il misterioso omicidio dell’avvocato Stanislav Markelov e di Anastasia Baburova, collaboratrice di 'Novaia Gazeta'. E’ probabile che fosse Markelov il principale obbiettivo, “casualmente” principale oppositore alla liberazione di Budanov. L’applicazione dei diritti umani sembra ancora piuttosto distante in Cecenia come in altre parti del mondo, ma il Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura sembra intenzionato a continuare per la sua strada, convinto che il suo compito principale non sia tanto quello di denunciare, “quanto trovare modi per cooperare sia con le autorità locali che con quelle russe”

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