venerdì 22 luglio 2011

Genova 2001: La verità diventa menzogna. Genova 2011: Tutto come prima, o quasi

Alcuni credono che Genova si possa sintetizzare in quella chiazza di sangue che segnò la morte di Carlo Giuliani il 20 luglio del 2001, altri negli scontri, nelle omissioni, nelle menzogne e soprattutto nei pestaggi della polizia italiana. Magari fosse solo questo, magari il ribrezzo fosse solo per quei terribili ricordi di chi visse in prima persona gli abusi. Genova fù molto altro, ma in primo luogo la dimostrazione, al di la della “ritrovata” e parziale memoria di molti giornalisti, di come i media altro non siano che penna e carta al servizio del potere.

Per potere non si intende quello di chi, oggi o domani, sarà maggioranza politica, ma quel potere che nei suoi volti viene comunemente riconosciuto come quello della casta e dei suoi numerosi affiliati. Durante e dopo le giornate di Genova i mezzi di informazione parlarono di “assalti dei black block”, di gruppi organizzati con l'obiettivo di devastare la città., di sangue infetto lanciato contro la polizia, di possibili attacchi aerei e subacqui, di tutto insomma. Meno che di una cosa, di quello che realmente avvenne.

A Genova la polizia italiana (tra le poche in europa a non avere numeri identificativi per i propri agenti) commise di tutto, ma i mezzi di informazione non se ne accorsero. Alcuni giornalisti vennero pestati a sangue, ma non se ne accorsero. Alcuni videro le le macchine fotografiche che avevano al collo sfracellarsi per terra, ma non se ne accorsero. Ad alcuni venne mostrato il dito sulle labra che intima il silenzio, ma non se ne accorsero. E alla fine pensarono, inutile replicare o denunciare, meglio assecondare la versione ufficiale: “assalto dei balck block”.

Pochi giorni fa, per chi non lo sapeva, le rivelazioni del famoso Spider Truman sul suo blog anti-casta, hanno spiegato che i parlamentari usano mandarsi lettere minacciose per ottenere le scorte. Nessuno rammenta delle lettere di minacce inviate a casaccio a giornali e politici prima del G8? Nessuno rammenta i presunti annunci comparsi sui siti antagonisti che promettevano sangue? A nessuno viene la morbosa curiosità di capire chi sono i famosi black block?.

La risposta è più facile della domanda: Nessuno. Potrei dire che sono come babbo natale, anche se in questo caso il natale si è festeggiato a luglio. Ma che nessuno abbia timore, non si vedono solo una volta l'anno, ricompariranno più tardi, quando serve. Ecco, è questa la storia in poche righe di Genova, la storia di un intero mondo, quello del potere, che si prende gioco di tutti., fino al punto di alimentare un dibattito che non esiste e che continua a tappare occhi, bocche e orecchie, tanto basta per nascondere tutto quello che veramente accadde.

I narcos diventano templari

Diventa sempre più forte, in Messico, il nesso tra narcotraffico e religione, tanto da riesumare i templari. L'esercito ha ritrovato nelle campagne dello Stato di Michoacan un moderno manuale che si rifà ad alcuni principi dei “cavalieri” del Tempio di Salomone, il cui ordine fu disciolto nel XIV secolo.

Una ventina di pagine dove furti, decapitazioni e sequestri contrastano con i principi etici dei narcotrafficanti: lotta alle ingiustizie e al materialismo; protezione dei più deboli con in testa vedove e orfani, patriottismo, ricerca della verità divina e fedeltà al gruppo. Il tradimento sarà punito con la morte e l'omicidio permesso soltanto dopo un'autorizzazione.

Secondo le autorità messicane, a capo dei 'templari' ci sarebbe un ex maestro elementare, il cui nome di battaglia è “la Tuta”, artefice della scissione dei “cavalieri” dalla banda criminale che tradizionalmente agisce nella zona di Michoacan, “La Famiglia”. Per dimostrare la loro forza,“i templari” usano sfilare per le vie delle città con convogli armati, assaltano caserme della polizia e roccheforti del gruppo criminale rivale, “Los Zetas”. Azioni puntualmente riprese e mostrate su Youtube.

Tra le attività principali dei “templari” c'è la ricerca di nuovi seguaci. Il proselitismo e l'abilità dei gruppi criminali di assoldare nuovi “soldati” rendono sempre più difficile l'azione di contrasto delle autorità messicane. Nonostante il crescere degli investimenti degli Stati Uniti per potenziare i controlli al confine con il Messico e l'offensiva al narcotraffico condotta dal governo di Felipe Calderon, il potere dei cartelli della droga non sembra diminuire. Dal 2006 a oggi la guerra al narcotraffico e tra i narcotrafficanti ha causato quasi 31 mila morti.

Il legame tra gruppi criminali e credenze religiose è risaputo. L'icona della Santa Muerte, la protettrice dei narcos che compare spesso sulle braccia dei trafficanti di droga e in una statua della piazza del quartiere Tepito, una delle zone più malfamate della capitale, Città del Messico, è la raffigurazione più conosciuta del rapporto tra criminalità e teologia. Anche l'utilizzo di canti popolari con melodie ecclesiastiche e non, conosciute nel Paese come musica “narcocorrida”, alimentano la cultura del narcotraffico, ben lontana dall'essere soltanto un insieme di pratiche di vita adottate dai cartelli della droga.