giovedì 15 ottobre 2009

O LA BORSA O LA VITA



Ci sono vari modi per vivere due ore, si può considerarle 120 minuti, due blocchi da 60, il tempo per una cena, una telefonata troppo lunga, e se si può andare oltre, perché no, anche il tempo di massacrare i Senegalesi in un piccolo quartiere. Fortunatamente di questi “pericoli” si curano le istituzioni, e allora viva il tricolore, grazie Fiamme Gialle.

Accantonando l’ironia che è facile provare non vivendo di persona certe tristi esperienze, torniamo ai fatti, che per quanto noti siano è ancora opportuno ricordare. Alle 9.00 di lunedi 5 ottobre nel quartiere popolare il Pigneto di Roma, luogo conosciuto nella città per la sua componente multietnica e per essere un ritrovo serale per molti degli studenti che popolano la capitale, quattro agenti in borghese della Guardia di Finanza si dirigono verso un gruppo di ragazzi senegalesi, dicono loro qualcosa e vanno via, non abbandonano il quartiere, continuano a girare nella zona. Alle 14.00 circa delle grida. I senegalesi che vivono presso due palazzi a Via Campobasso corrono in strada e vedono uno dei quattro agenti puntare una pistola alla tempia di un loro connazionale, reo, secondo i finanzieri, di avere dei portafogli da voler vendere. Dopo una trattativa durata alcuni minuti i senegalesi riescono a convincere gli agenti a lasciar andare il ragazzo. Ovviamente l’iniziativa dei finanzieri sembra piuttosto azzardata, ma ancora non è tutto, anzi, il peggio deve ancora arrivare. Alle 18.00 alcune camionette della Finanza arrivano a Via Campobasso, dove vive la maggioranza della comunità senegalese della zona. “Comincia la caccia all’uomo” racconta Alberto, un ragazzo italiano che vive nel quartiere, “erano indiavolati e colpivano tutti quelli di colore. Erano tantissimi, non saprei dire quanti”. I Finanzieri, in tenuta anti-sommossa, armati di scudi e manganelli, cominciano il macabro ballo della violenza che coinvolge le piccole strade del Pigneto per 2 ore. Saranno 25 in tutto i fermati, 18 verranno portati in Questura dopo essere stati inizialmente portati nella Caserma della Guardia di Finanza, 7 invece rimarranno lì. Ancora oggi due ragazzi senegalesi sono trattenuti. In molti leggendo questa storia potrebbero essere indotti a credere che si sia trattato solo di un controllo gestito male, ma guardando con la lente di ingrandimento questa vicenda si scoprono ed evidenziano particolari nuovi, che trasformano questa brutta giornata in una storia nella storia. Omar e Abdul, due dei ragazzi senegalesi fermati e portati prima in Caserma e poi in Questura, raccontano di essere rimasti increduli dalla vicenda e aggiungono particolari di denuncia. “Spesso la polizia viene qui al Pigneto per farsi dare la nostra roba e portarsela via, ma mai avevano fatto una cosa di questo tipo. Io – spiega Omar - ero davanti il mio computer quando verso le 18.00 sono entrati in casa. Hanno rotto tutto quello che potevano rompere. Quando sono venuti la mattina i quattro agenti in borghese ci hanno detto che se non avessimo portato loro la roba sarebbero entrati in casa e se la sarebbero presa da soli. Noi non abbiamo detto nulla e cinque ore dopo abbiamo sentito gridare un nostro amico. Gli hanno puntato una pistola alla testa perché aveva quattro portafogli che voleva vendere. Siamo riusciti a convincerli a lasciarlo e poi è successo il delirio. Quello che ho visto accadere alle sei non lo avrei mai potuto immaginare”. Molti dei cittadini del Pigneto raccontano di aver tentato di intervenire per fermare la violenza della Guardia di Finanza, ma di aver ricevuto per risposta che la loro era un’operazione antiterrorismo e che poco prima dei ragazzi senegalesi avevano ferito un finanziere, tesi poi smentita. E’ qui che emerge la chiave di lettura più importante per comprendere l’accaduto. Dei 25 fermati solo due sono stati denunciati e sono tutt’ora detenuti in caserma, ma non per contraffazione, ne tantomeno per terrorismo, ma per resistenza a pubblico ufficiale. E allora perché far intervenire decine e decine di agenti in pieno pomeriggio inseguendo i senegalesi metro per metro in tenuta anti-sommossa?, perché portare via della roba dalle case se poi si decide di accusarli non di contraffazione ma di resistenza a pubblico ufficiale?, e soprattutto, perché usare così tanta violenza terrorizzando tutti gli abitanti del quartiere? Secondo quanto riferito dai ragazzi fermati in realtà la violenza subita per le strade è stata solo l’antipasto, “la loro rabbia” -racconta sempre Omar, che non si occupa nemmeno di vendere merce ma fa volantinaggio ed ha un regolare permesso di soggiorno - “ è esplosa nella caserma. Io sono stato colpito più volte con pugni e schiaffi, uno di loro mi ha detto che avremmo dovuto pagare tutti perché un finanziere era stato colpito. Ho sentito urlare forte uno dei due ragazzi che sono ancora lì, tanto che un finanziere ha dovuto chiudere la porta della stanza nella quale era rinchiuso”.

Dopo tutto questo diviene logico, o almeno lo è per chi scrive, chiedersi se sia questa la sicurezza della quale continuamente si parla. Se sia questo il diritto a girare tranquillamente nei propri quartieri di cui la politica riempie giornali e tv, se sia questa quella che alcuni continuano a chiamare democrazia. E allora diviene solo retorica e ridicola la condanna degli atti violenti che colpiscono le diversità, specie se ad architettarli sono le istituzioni.

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